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Regime lavoratori impatriati, nuove regole dal 2024 - Ridotta l’agevolazione e la sua durata

Circolare per la Clientela


Il decreto legislativo 209/2023 di attuazione della delega fiscale, in materia di fiscalità internazionale, ha innovato anche il regime degli "impatriati", disciplinato dall'articolo 16 del Dlgs 147/2015. Le modifiche sono sostanziali: nuovi requisiti di accesso e significativa riduzione del beneficio fiscale e della durata. Costituisce riferimento per le nuove regole l'acquisizione della residenza fiscale nel 2024, salvo che per coloro che si sono iscritti nel 2023 nell'anagrafe della popolazione residente.

 

Riforma della fiscalità internazionale: cambiano le agevolazioni per gli impatriati

Con l'emanazione del decreto legislativo 27 dicembre 2023, n. 209, ha avuto attuazione la legge 9 agosto 2023, n. 111, con la quale è stata conferita delega al Governo per la revisione del sistema tributario, e, in particolare, l'articolo 3, recante i principi generali relativi al diritto tributario dell'Unione europea e internazionale.

Nell'ambito del decreto di "Attuazione della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale", l'articolo 5 ha riscritto il regime agevolativo a favore dei lavoratori impatriati che sostituisce quello in vigore con l'articolo 16 del Dlgs 147/2015.

Dal 29 dicembre 2023, data di entrata in vigore del decreto, vengono infatti abrogati sia l'articolo 16 del Dlgs 14 settembre 2015, n. 147, sia l'articolo 5, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58. Tuttavia, le suddette previsioni andranno gradualmente ad esaurirsi a favore di coloro che vi hanno già accesso ed hanno il periodo di godimento in essere al 31 dicembre 2023 o vi possono accedere anche nel corso del periodo d'imposta 2024 (che è un periodo d'imposta di transizione, dove vecchie e nuove regole convivono anche per il primo accesso) per i motivi che seguono.

Infatti, fra le nuove e le vecchie regole del regime agevolativo, si crea uno spartiacque di applicazione legato a specifiche condizioni stabilite dai commi 8 e 9 del ridetto articolo 5:

  • a livello generale le nuove regole si applicano a favore dei soggetti, in possesso dei prescritti requisiti di accesso, che trasferiscono la residenza fiscale in Italia a decorrere dal periodo d'imposta 2024 (comma 8). In concreto il trasferimento con l'iscrizione nell'anagrafe della popolazione residente avviene nel corso dell'anno 2024;

  • transitoriamente, anche se la residenza fiscale in capo al soggetto interessato, secondo i principi relativi, si viene a concretizzare nel 2024, le disposizioni di cui all'articolo 16 del Dlgs 147/2015 e all'articolo 5, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater del Dl 34/2019 continuano a trovare applicazione nei confronti dei soggetti che hanno trasferito la loro residenza anagrafica in Italia entro il 31 dicembre 2023 ovvero, per i rapporti di lavoro sportivo (cfr. risoluzione 38/E/2023), che hanno stipulato il relativo contratto entro la stessa data (comma 9, secondo periodo). Questi soggetti, se si sono trasferiti in Italia nel secondo semestre 2023, diverranno residenti ai fini fiscali nel 2024, ma continueranno ad applicare le regole impatriati vigenti fino al 31 dicembre 2023.

Non essendo interessate dall'intervento del Dlgs 209/2023, restano immutate le disposizioni agevolative concernenti gli incentivi per il rientro in Italia dei docenti e ricercatori residenti all'estero cd. "rientro cervelli" (articolo 44 del Dl 78/2010).

 

Nuove regole per gli impatriati

Il nuovo regime si applica ai contribuenti (lavoratori) che trasferiscono la residenza in Italia ai sensi dell'articolo 2 del Dpr 917/1986, a decorrere dal periodo d'imposta 2024, e che percepiscono redditi di lavoro dipendente, redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e redditi di lavoro autonomo derivanti dall'esercizio di arti e professioni, tutti prodotti in Italia. Sono esclusi dalla nuova agevolazione, al contrario di quanto avviene in vigenza del vecchio regime, i redditi di lavoro autonomo diversi da quelli di natura professionale e i redditi di impresa.

 

Residenza fiscale

In merito al requisito della residenza fiscale in relazione al trasferimento, come condizione oggettiva di accesso, occorre tenere presente che l'articolo 1 del Dlgs 209/2023, con effetto dal 1° gennaio 2024, ha modificato le regole per la qualificazione della residenza ai fini fiscali e prevede che, ai fini delle imposte sui redditi, si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d'imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno il domicilio o la residenza nel territorio dello Stato, ovvero che sono ivi presenti. Viene, quindi, modificato il criterio di collegamento per la determinazione della residenza fiscale delle persone fisiche, sostituendo la nozione di domicilio, di natura civilistica, con un criterio di natura sostanziale del domicilio, inteso come il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona. Invariato il criterio di natura formale con la presunzione relativa: si presumono residenti le persone iscritte per la maggior parte del periodo d'imposta - 183 giorni (o 184 giorni in caso di anno bisestile) - nelle anagrafi della popolazione residente (salvo la prova contraria di residenza all'estero). I requisiti di residenza devono sussistere per la maggior parte del periodo d'imposta, valorizzando, ai fini del computo dei giorni, anche periodi tra loro non consecutivi nonché le frazioni del giorno.

Il comma 6 conferma nella sostanza una disposizione già presente nella vigente disciplina degli impatriati, secondo la quale i cittadini italiani fruiscono del regime agevolato se, nel periodo di tre anni richiesto dal comma 1, lettera b), sono stati iscritti all'AIRE, ovvero, in alternativa, sono stati fiscalmente residenti in un altro Stato ai sensi di una Convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi.

 

Requisiti soggettivi e oggettivi

Per i lavoratori che possono beneficiare dello speciale regime è previsto, come detto, un abbattimento dell'imponibile fiscale del 50% su un limite di reddito annuo, concorrente alla formazione del reddito complessivo, non superiore a 600.000 euro annui, al ricorrere di una serie di condizioni specifiche e stringenti:

a) devono impegnarsi a risiedere fiscalmente in Italia e a mantenere la residenza fiscale per almeno quattro anni (in questo caso si ritiene quattro periodi d'imposta), corrispondente al tempo minimo per evitare la decadenza dall'agevolazione come indicato nel comma 3, secondo periodo, dell'articolo 5;

b) non devono essere stati fiscalmente residenti in Italia nei tre periodi d'imposta precedenti al loro trasferimento;

c) l'attività lavorativa dev'essere prestata per la maggior parte del periodo d'imposta in Italia;

d) devono essere in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti dal decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 108, e dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206.

Circa il possesso dei requisiti soggettivi di elevata qualificazione o specializzazione richiesti, essi ricorrono:

  • in base al Dlgs 108/2012, per coloro che sono titolari di una qualifica professionale superiore rientrante nei livelli 1 (legislatori, imprenditori e alta dirigenza), 2 (professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione) e 3 (professioni tecniche) della classificazione Istat delle professioni CP 2011, attestata dal Paese di provenienza e riconosciuta in Italia. A partire dal 2023 l'Istat adotta la classificazione delle professioni CP 2021, frutto di una revisione della precedente versione (CP 2011) e di un ulteriore allineamento alla International Standard Classification of Occupations - Isco08;

  • in base al Dlgs 206/2007, per le professioni regolamentate.

Si deve ritenere che si debba prescindere dal requisito della cittadinanza e che l'agevolazione possa essere applicata anche ai cittadini esteri (Ue e/o extra-Ue) in possesso dei requisiti soggettivi e oggettivi. La norma non pone alcun tipo di limitazioni al riguardo, con la conseguenza che tutti i lavoratori che rispondono alle caratteristiche delineate dalla stessa, indipendentemente dalla loro cittadinanza, possono accedere al regime in esame in linea con la prassi sulla misura previgente (cfr. circolare 33/E/2020, punto 7.12).

La disposizione riconosce l'applicazione del regime di favore anche per i redditi di lavoro dipendente percepiti dai lavoratori che si trasferiscono in Italia sulla base di un rapporto di lavoro instaurato ed anche permanente (non è necessario che sia nuovo) con lo stesso soggetto (o con un soggetto appartenente al suo stesso gruppo) presso il quale è stato impiegato all'estero, ma vi sono delle speciali prescrizioni. Infatti, se il lavoratore che intende accedere all'agevolazione, in conseguenza del trasferimento, presta l'attività lavorativa in Italia in favore dello stesso soggetto datore presso il quale è stato impiegato all'estero prima del trasferimento, oppure in favore di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo, il requisito minimo di permanenza all'estero di cui al precedente punto b), primo periodo richiamato dal comma 1 dell'articolo 5 del decreto, dev'essere almeno di:

1) sei periodi d'imposta, se il lavoratore non è stato in precedenza impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo;

2) sette periodi d'imposta, se il lavoratore, prima del suo trasferimento all'estero, è stato impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo.

Il comma 2, ai fini dell'applicazione dei requisiti minimi di permanenza temporalmente estesa all'estero di cui al comma 1, lettera b), secondo periodo, precisa che devono essere considerati appartenenti allo stesso gruppo i soggetti, tra i quali sussiste un rapporto di controllo diretto o indiretto ai sensi dell'articolo 2359, comma 1, numero 1), del Codice civile ovvero che, ai sensi della stessa norma, sono sottoposti al comune controllo diretto o indiretto da parte di un altro soggetto.

Questa condizione parrebbe riferibile unicamente al caso dei lavoratori che operano come percettori di redditi di lavoro dipendente o assimilati al lavoro dipendente, ma non dovrebbe riguardare i lavoratori autonomi per i quali non parrebbe compatibile il riferimento al concetto di "impiego". Inoltre la previsione normativa, ponendo l'accento unicamente su requisiti temporali di durata nella permanenza all'estero del lavoratore, supera le incertezze interpretative e/o i limiti posti dagli indirizzi della prassi in riferimento al caso delle ipotesi di distacco o di aspettativa, nonché dei casi in cui si riteneva non in linea con la vis attrattiva sottesa all'agevolazione degli impatriati precedente, la posizione lavorativa assunta dal lavoratore al rientro in Italia che si poneva in "continuità" con quella precedente al trasferimento all'estero. Devono, pertanto, ritenersi non più efficaci per la circostanza le indicazioni della prassi in materia (cfr. principio di diritto 6/2023), compreso quelle in merito al distacco all'estero (cfr. circolare 33/E/2020, punto 7.1; risoluzione 76/E/2018) e all'aspettativa (cfr. circolare 33/E/2020, punto 7.13) che ponevano, rispettivamente, limiti o addirittura preclusione all'applicabilità. Conferma anche per le indicazioni in vigenza delle precedenti regole (cfr. circolare 33/E/2020, punto 7.5), relative al caso di lavoratori percettori di reddito di lavoro dipendente o assimilato, nonché di reddito di lavoro autonomo, posto che non paiono sussistere motivi ostativi alla fruibilità dell'agevolazione, fermo restando gli altri requisiti, per il fatto che la prestazione lavorativa in Italia si svolga alle dipendenze di un datore di lavoro con sede all'estero, o a favore di committenti stranieri (non residenti).

In riferimento al rispetto del requisito previsto alla lettera c) del comma 1, in precedenza indicato, si ritiene che possa farsi riferimento alle indicazioni del Dm 26 maggio 2016, recante le disposizioni di attuazione del regime speciale impatriati di cui all'articolo 16 del Dlgs 147/2015. Vi si precisa che la condizione dev'essere verificata in relazione a ciascun periodo d'imposta e risulta soddisfatta se l'attività lavorativa è prestata nel territorio italiano per un periodo superiore a 183 giorni nell'arco dell'anno, computando non solo i giorni lavorativi ma anche le ferie, le festività, i riposi settimanali e altri giorni non lavorativi, escludendo invece i giorni di trasferta di durata superiore a 183 giorni o il distacco all'estero, essendo l'attività lavorativa prestata fuori dal territorio dello Stato (cfr. circolare 17/E/2017, par. 3.3 e circolare 33/E/2020, punto 7.2). In tale quadro, anche l'erogazione della prestazione lavorativa da remoto (cd. smart working) dall'Italia, per conto di datore di lavoro con sede all'estero, non è ostativa all'applicazione dell'agevolazione (risposta ad interpello 55/2022).

 

Lavoratori e redditi agevolabili

Le fattispecie reddituali che sono potenzialmente ricondotte al regime di favore (tassazione nel limite del 50%), fermo restando le altre condizioni oggettive e soggettive, sono unicamente quelle indicate:

  • dall'articolo 49 del Tuir, derivanti da rapporti di lavoro dipendente (a tempo determinato, indeterminato, full time e part-time);

  • dall'articolo 50 del Tuir, cioè redditi assimilati al lavoro dipendente, derivanti, ad esempio, da collaborazioni coordinate e continuative, ma anche in riferimento ad altre fattispecie previste dalla norma purché si tratti di reddito derivante da rapporti di lavoro fiscalmente assimilati a quelli di lavoro dipendente;

  • dall'articolo 53, comma 1 del Tuir, derivanti dall'esercizio di arti e professioni in forma abituale secondo la definizione ivi riportata.

Si devono ritenere ancora valide, nei limiti di compatibilità con le nuove regole e con i profili indicati in precedenza, le indicazioni formulate dall'agenzia delle Entrate nella propria prassi a partire dalla circolare 17/E/2017 sulle fattispecie e categorie reddituali ammesse all'agevolazione. In questo senso si ritiene, pertanto, che sono agevolabili le somme conseguite in sostituzione dei suddetti redditi, le quali, ai sensi dell'articolo 6 del Tuir, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti.

Allo stesso modo si reputano confermati i principi sulla possibilità di applicare l'agevolazione anche ai redditi derivanti dalle fattispecie indicate a cui si dovrebbe applicare la tassazione separata (arretrati, Tfr) se percepiti nel periodo di vigenza dell'agevolazione a condizione che si opti per la tassazione corrente con concorrenza al reddito complessivo del periodo d'imposta interessato dalla percezione (risposta a Telefisco 2023 non pubblicata, che richiama la risposta ad interpello 290/2020).

Il nuovo regime degli impatriati, conformemente con le precedenti regole (cfr. circolare 33/E/2020, punto 7.8), non può trovare applicazione con riferimento agli emolumenti percepiti nei periodi d'imposta in cui l'impatriato ha acquisito la residenza fiscale in Italia, ma che si riferiscono a prestazioni lavorative svolte in periodi d'imposta precedenti al trasferimento, durante i quali è stato fiscalmente residente all'estero. Questo in ragione del principio per cui, indipendentemente dal luogo in cui la prestazione lavorativa è stata resa nei periodi d'imposta antecedenti il rimpatrio, ciò che rileva è la ratio della norma di favore volta ad agevolare i redditi prodotti in Italia successivamente al trasferimento nel territorio dello Stato. Quindi, in virtù della residenza fiscale nel territorio dello Stato, tutti gli emolumenti variabili, percepiti nei periodi d'imposta in cui l'impatriato è fiscalmente residente in Italia, sono qui soggetti ad imposizione ordinaria (senza alcuna riduzione dell'imponibile, ma con diritto al credito per le imposte pagate all'estero, al ricorrere delle condizioni di cui all'articolo 165 del Tuir, per risolvere l'eventuale doppia imposizione), ancorché gli stessi si riferiscano a prestazioni lavorative svolte mentre lo stesso era residente all'estero. Seguendo lo stesso principio, le remunerazioni percepite successivamente alla cessazione o fuoriuscita dal regime agevolato concorreranno alla formazione del reddito complessivo secondo le regole ordinarie senza poter godere dell'agevolazione ratione temporis anche se la remunerazione è maturata nel periodo di vigenza del regime impatriati (circolare 33/E/2020, punto 7.9).

Con riguardo ai redditi di lavoro autonomo, l'agevolazione fiscale in commento si applica ai redditi che derivano dall'esercizio di arti e professioni, svolte sia in forma individuale che associata (per esempio, nella forma dell'associazione professionale). Dal momento che i redditi d'impresa non sono contemplati nell'agevolazione, non sono ammesse le attività professionali esercitate nella forma societaria di persone o capitali, produttive di redditi d'impresa, in quanto tale categoria reddituale non è prevista dalle nuove disposizioni in esame.

Si deve altresì ritenere, in continuità con i precedenti orientamenti (risposta ad interpello 190/2023 e circolare 33/E/2020, punto 7.11), che, nel caso di svolgimento di attività produttiva di redditi di lavoro autonomo, il regime dei contribuenti forfetari sia alternativo al regime impatriati. Il contribuente che si trasferisce in Italia per svolgere un'attività di lavoro autonomo beneficiando del regime forfetario (applicando il regime naturale) non potrà avvalersi del regime previsto per i lavoratori impatriati neppure in base al nuovo ordinamento, in quanto i redditi prodotti in regime forfetario non partecipano alla formazione del reddito complessivo. Resta ferma la possibilità per il contribuente, all'atto del trasferimento in Italia, di svolgere la propria attività di lavoro autonomo, beneficiando, in presenza dei requisiti, del regime fiscale previsto per gli impatriati, laddove venga valutata una maggiore convenienza nell'applicazione di detto regime rispetto a quello naturale forfetario. L'opzione risulterà da comportamento concludente in relazione alla gestione dei propri adempimenti.

 

Durata e misura dell'agevolazione

L'agevolazione fiscale spetta per cinque periodi d'imposta. Se il lavoratore, avendola acquisita, non mantiene la residenza fiscale in Italia per almeno quattro periodi d'imposta, decade dai benefici ed il Fisco provvede al recupero di quelli già fruiti, con applicazione dei relativi interessi (comma 3).

Non operano più le regole di durata previste dalla disciplina del regime previgente, differenziate sulla base di requisiti inerenti alla situazione familiare o patrimoniale del contribuente. Scompare anche la maggiorazione della durata dell'agevolazione per i redditi dei soggetti che trasferiscono la residenza nelle aree interne, nel Mezzogiorno d'Italia, nelle zone montane o nelle Zone economiche speciali. Nella relazione al provvedimento è stato chiarito che questa scelta del legislatore trova giustificazione nella necessità di evitare comportamenti opportunistici ed abusivi, nonché eccessive disparità di trattamento tra i lavoratori destinatari dell'agevolazione.

Il comma 7 specifica che le disposizioni agevolative si applicano nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dai regolamenti Ue per gli aiuti de minimis.

 

Lavoratori con figli minori

I redditi concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 40% del loro ammontare nei seguenti casi:

a) il lavoratore si trasferisce in Italia con un figlio minore;

b) nascita di un figlio ovvero adozione di un minore di età durante il periodo di fruizione del regime. In quest'ultimo caso il beneficio maggiorato è fruito a partire dal periodo d'imposta in corso al momento della nascita o dell'adozione e fino al termine del quinquennio di ordinaria durata dell'agevolazione, permanendo la residenza in Italia del figlio per lo stesso periodo (commi 4 e 5).

 

Acquisto dell'abitazione principale in Italia

Viene transitoriamente riconosciuto un particolare regime di favore, prolungato per ulteriori tre periodi d'imposta (comma 10), per i redditi dei soggetti che trasferiscono in Italia la loro residenza anagrafica nell'anno 2024 e che hanno acquistato, entro la data del 31 dicembre 2023 e, comunque, nei dodici mesi precedenti al trasferimento, un'unità immobiliare residenziale adibita ad abitazione principale in Italia. In tale caso i redditi agevolati, nell'ulteriore triennio aggiuntivo, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50% del loro ammontare, ancorché i soggetti beneficiari abbiano goduto, per il periodo ordinario di cinque anni (comma 3), di una detassazione maggiore per la presenza dei figli minori (comma 4). In questo caso il soggetto acquirente dev'essere personalmente il lavoratore e l'immobile non può essere stato acquistato da un familiare, come invece avviene nelle pregresse regole.

 

Condizioni di applicabilità

L'impostazione della norma, in presenza delle condizioni indicate, consente ai contribuenti aventi diritto di accedere all'agevolazione, autonomamente, in sede di predisposizione della loro dichiarazione dei redditi, determinando la quota del reddito da far concorrere alla formazione del proprio reddito complessivo e così al pagamento delle imposte. Vi è una totale deregolamentazione rispetto alla disciplina vigente con l'articolo 16 del Dlgs 147/2015 che aveva demandato ai provvedimenti dell'agenzia delle Entrate n. 46244 del 29 marzo 2016 e n. 64188 del 31 marzo 2017, l'indicazione delle modalità di richiesta da parte dei percettori di redditi di lavoro dipendente e assimilati ai propri sostituti d'imposta, dettando specifiche modalità e rispettivi obblighi e adempimenti. In base a quelle regole i titolari di reddito di lavoro dipendente dovevano presentare una richiesta scritta al datore di lavoro, contenente le generalità (nome, cognome e data di nascita), il codice fiscale, la data di rientro in Italia e della prima assunzione in Italia (in caso di assunzioni successive o più rapporti di lavoro dipendente), la dichiarazione di possedere i requisiti previsti dal regime agevolativo, l'attuale residenza in Italia, l'impegno a comunicare tempestivamente ogni variazione della residenza prima del decorso del periodo minimo previsto dalla norma, la dichiarazione di non beneficiare contemporaneamente anche degli incentivi fiscali previsti dall'articolo 44 del Dl 78/2010 ("regime agevolato per docenti e ricercatori rientrati in Italia"), dalla legge n. 238/2010 ("incentivi fiscali per il rientro dei lavoratori in Italia") e dall'articolo 24-bis del Tuir ("regime opzionale per i neo residenti"). Il datore di lavoro era tenuto ad applicare il beneficio dal periodo di paga successivo alla richiesta, ove le condizioni soggettive e oggettive risultavano sussistere. Solo se il datore di lavoro non avesse potuto riconoscere l'agevolazione, il contribuente ne avrebbe potuto fruire direttamente nella dichiarazione dei redditi. Seppure con le nuove regole gli interessati si trovino senza una specifica previsione di legge che preveda analoghi comportamenti, è ragionevole ritenere che i lavoratori, che intendano fruire del beneficio nei singoli periodi di paga, vogliano (e possano) presentare una specifica richiesta al sostituto. Si porrà il problema però che ciascun sostituto potrebbe decidere di attivare differenti modalità e, addirittura, teoricamente anche opporre un rifiuto, non sussistendo alcun obbligo in base alla legge.

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